Ustioni

L’ustione è una lesione dei tessuti tegumentari causata dall’esposizione del tessuto stesso a fonti termiche, a sostanze chimiche, a sorgenti elettriche o a radiazioni.

La mortalità e la morbilità dovute all’ustione dipendono da alcuni fattori: dalle ca- ratteristiche dell’ustione stessa (profondità, estensione e localizzazione), dalla concomitante presenza di altri traumatismi e dalle condizioni cliniche pregresse del paziente.

Il rispetto dei principi fondamentali nella gestione preospedaliera del paziente traumatizzato consente di minimizzare le complicanze e la mortalità legate a questo tipo di lesioni.

In relazione all’agente eziologico si possono distinguere:

x Ustioni da calore. Le fonti di calore più comuni sono rappresentate da fiamme, liquidi bollenti, oggetti o gas surriscaldati. Alle ustioni da fiamma possono essere associate lesioni da inalazione

x Ustioni da sostanze chimiche. Sono dovute ad acidi, alcali, solventi chimici

x Ustioni da elettricità. Dovute al calore prodotto dalla corrente che attraversa il corpo. È sempre possibile un concomitante effetto negativo sull’attività cardiaca dovuta all’interferenza dell’elettricità con il ciclo cardiaco con possibile arresto cardiaco (FV)

x Ustioni da agenti radianti. Conseguenti all’esposizione prolungata a intense fonti radianti o ionizzanti

Cenni Clinici

La gravità di un’ustione è legata alla profondità, all’estensione ed alla sede della lesione.

La profondità  di  un’ustione è direttamente proporzionale alla quantità di calore trasmessa alla cute e al tempo di esposizione. In base allo spessore degli strati di tessuto interessato si distinguono in:

x Lesioni di “primo grado”. Sono ustioni a spessore superficiale, la lesione interessa solo lo strato esterno della cute (epidermide). Le ustioni di primo grado sono arrossate, edematose e dolorose. La superficie ustionata impallidisce quando toccata con delicatezza, ma non si formano vescicole.

x  Lesioni di “secondo grado». Sono ustioni a spessore parziale e si estendono al derma. Vengono  ulteriormente distinte in superficiali (perché interessano  la parte superficiale del derma) e profonde (perché interessano sia la parte superficiale sia quella profonda del derma). Le ustioni di secondo grado assumono una colorazione rosa o rossa, sono edematose e notevolmente dolorose. Nel giro di 24 ore, spesso subito dopo l’ustione, si sviluppano vesciche che possono trasudare un liquido trasparente (flitteni)

x Lesioni di “terzo grado». Sono a tutto spessore e interessano tutti e tre gli strati della cute. Di solito vengono distrutte anche le ghiandole sudoripare, i follicoli piliferi e le terminazioni nervose. Le ustioni di terzo grado in genere non sono dolorose per la distruzione delle terminazioni nervose. La cute diviene dura e di colore bianco, nero o rosso vivo. La zona ustionata non impallidisce se toccata e i peli possono essere facilmente estirpati senza provocare dolore.

x Lesioni di “quarto grado». Le lesioni si estendono ai tessuti più profondi, come muscoli ed ossa con carbonizzazione degli stessi.

L’ustione è una lesione dinamica, e spesso le aree colpite sono una miscela di lesioni a differente profondità. L’esatta valutazione dalla profondità può essere difficile soprattutto se effettuata precocemente in ambiente extraospedaliero.

Spesso una lesione che appare come di II° si rivelerà di III° entro 24-48 ore.

Il calcolo dell’estensione delle ustioni è molto importante perché su di esso si basa l’indicazione alla centralizzazione presso un cento ustionati, il calcolo della quantità di liquidi da infondere al paziente e la valutazione della prognosi del paziente.

La superficie della lesione viene valutata sulla base della percentuale di superficie corporea interessata da ustioni di II° e III°.

La stima della profondità può rivelarsi difficile, anche per il sanitario più esperto poiché l’ustione può evolvere nel tempo. Per questo motivo nel setting preospedaliero la stima dell’ustione privilegia la valutazione della superficie corporea interessata e della sede, ed in minor grado della profondità.

Esistono vari metodi per il calcolo dell’estensione delle ustioni. Il più diffuso e pratico in emergenza è quello definito come la “regola del 9” (regola di Wallace) utilizzato principalmente per gli adulti (età > 15 anni).

Il calcolo prevede l’assegnazione, a seconda dei distretti corporei, di una percentuale del 9% o suoi multipli o sottomultipli. Può essere comunque utilizzata anche per il paziente pediatrico con le opportune variazioni legate ai differenti rapporti di superficie corporea. Un altro metodo per il calcolo della estensione di una ustione è quello di Lund e Browder che fa riferimento a tabelle specifiche in relazione alle differenti classi di età. È il metodo di scelta per i bambini (età < 15 anni).

La “regola del palmo” prevede che il palmo della mano del paziente corrisponda grosso modo all’1% della superficie corporea.

Sulla base della profondità, dell’estensione e della sede le ustioni vengono anche classificate come:

x Ustioni minori: tutte le ustioni di primo grado e quelle di secondo grado che interessano meno del 10% della superficie corporea.

x Ustioni gravi: le ustioni che interessano mani, piedi, viso o genitali, le ustioni di secondo grado su oltre il 10% della superficie corporea e tutte le ustioni di terzo grado su oltre l’1% del corpo.

Cenni di Fisiopatologia

Le ustioni determinano una denaturazione proteica e quindi una necrosi coagulativa. Intorno al tessuto coagulato le piastrine si aggregano, i vasi si contraggono e il tessuto marginalmente perfuso (noto come zona di stasi) si estende attorno al danno. Nella zona di stasi, il tessuto è iperemico e flogistico.

La lesione della normale barriera epidermica consente l’invasione batterica e la perdita all’esterno di liquidi; i tessuti danneggiati diventano spesso edematosi, incrementando ulteriormente la perdita di liquidi. La perdita di calore può essere significativa perché la termoregolazione del derma danneggiato è assente, in particolare nelle lesioni esposte.

Se l’estensione della lesione è sufficientemente ampia (in genere più del 20%), si determina un’infiammazione sistemica. La risposta sistemica è conseguente all’azione di citochine e altri mediatori rilasciati nella sede della lesione.

Questi mediatori determinano:

x      Alterazione della permeabilità capillare con trasudazione di acqua, proteine plasmatiche con conseguente edema tissutale ed emoconcentrazione

x      Dispersione calorica ed evaporazione di acqua dai tessuti e successivo richiamo di acqua dal torrente vascolare e ulteriore emoconcentrazione

x      Ipovolemia con conseguente ipotensione ed ipoperfusione sistemica

x      Acidosi metabolica

x      Immunodepressione con possibile sviluppo di infezione.

Indici di gravità e specificità delle lesioni

Nella valutazione della gravità di un paziente ustionato è opportuno tenere in considerazione vari fattori.

x Natura dell’agente eziologico e il suo meccanismo di azione

x Profondità ed estensione della superficie ustionata

x Segni che facciano sospettare il coinvolgimento dell’apparato respiratorio: espettorato carbonaceo, dispnea marcata, tosse stizzosa, ustioni che coinvolgono labbra con bruciatura di baffi o peli del naso: l’infiammazione e l’edema dei tessuti possono portare alla rapida ed improvvisa ostruzione della via aerea.

x Inalazione di fumi o vapori

x Possibile intossicazione da CO

x Regione lesa in particolare la presenza di ustioni circonferenziali a tutto spessore: ustioni circonferenziali a livello degli arti mettono a rischio la perfusione dei segmenti sottostanti alla lesione con alterazione della perfusione, edema, insorgenza di sindrome compartimentale.

x Il possibile coinvolgimento del palmo delle mani e della pianta dei piedi. La perdita della sensibilità in tali sedi pone a rischio l’uso delle mani e la deambulazione.

x Il possibile interessamento a livello oculare. Le lesioni possono portare ad una grave riduzione della capacità visiva fino alla cecità.

x Il possibile coinvolgimento della regione perineale. Le ustioni possono portare a lesioni degli apparati sfinterici e genitourinari.

x In caso di concomitante esplosione o scoppio le possibili lesioni traumatiche correlate

APPROCCIO CLINICO TERRITORIALE CONSIGLIATO

La valutazione clinica del paziente ustionato ed il corretto inquadramento prognostico, oltre alla profondità, all’estensione, ed alle sedi di lesione, si basa sempre sui seguenti parametri:

x età del paziente;

x traumatismi associati all’ustione;

x dinamica dell’incidente (gli incendi in luogo chiuso hanno un’alta probabilità di causare lesioni da inalazione o intossicazione da CO o gas nocivi);

x agente ustionante (le folgorazioni, in particolare, comportano un elevato ri- schio di lesioni neurologiche e cardiovascolari);

x patologie preesistenti al trauma;

x tempo intercorso dal momento del trauma all’avvio della terapia rianimatoria infusionale.

La valutazione della sicurezza ambientale è fondamentale. Occorre mettere in essere tutti i comportamenti necessari per assicurare che il soccorso del paziente ustionato non provochi lesioni ai soccorritori (spegnere le fiamme, interruzione dell’erogazione di corrente).

La lotta antincendio non è compito del soccorritore preospedaliero che fornisce invece il soccorso sanitario. Il lavoro di bonifica svolto dai Vigili del Fuoco permette la ricerca ed il salvataggio delle vittime e precede la fase di assistenza sanitaria.

Giunti sulla scena dell’evento, posta in sicurezza la scena, i sanitari stimano rapidamente la grandezza dell’incidente e notificano alla Centrale Operativa 118 l’entità dell’evento. L’area di triage viene individuata in una zona vicina alla zona dell’evento in modo da proteggere le vittime da ulteriori lesioni consentendo nel contempo il libero flusso di soccorritori e mezzi da e per la scena.

L’interruzione del processo prevede l’allontanamento dell’ustionato dalla fonte di calore e la rimozione degli abiti ad eccezione di quelli aderenti ponendo attenzione e cautela particolare alla contaminazione da parte di agenti chimici.

VALUTAZIONE PRIMARIA E PRIMO TRATTAMENTO

Essendo di per sé l’ustione un trauma, l’assistenza al paziente ustionato segue l’approccio classico descritto nel capitolo “approccio al soggetto traumatizzato – valutazione primaria”. L’ustione possiede tuttavia alcune caratteristiche peculiari. La valutazione e la correzione dei problemi che si possono trovare nei primi tre step rappresentano, in particolare, il cardine su cui si basa l’assistenza al paziente ustionato.

STEP A – AIRWAY (Vie aeree e rachide cervicale)

Poiché il processo ustionante può determinare un’importante edema, le vie aeree superiori sono esposte con estrema facilità al rischio di ostruzione ed i segni di ostruzione delle vie aeree possono rivelarsi subdoli fino a divenire drammatica- mente conclamati rendendo a quel punto molto difficile la messa in sicurezza delle vie aeree.

La valutazione della pervietà delle vie aeree richiede oltre la consueta rapidità anche una accurata valutazione dell’interessamento delle prime vie aeree da parte del processo ustionante e della possibile evolutività delle stesse. Nell’impossibilità di escludere tale evolutività è mandatorio procedere alla messa in sicurezza delle vie aeree procedendo con immediatezza all’intubazione endotracheale. L’intubazione è indicata in presenza fin dal primo contatto di stridore, raucedine, dispnea o utilizzo dei muscoli respiratori accessori.

Gli elementi che incrementano il rischio di ostruzione delle vie aeree sono:

x      Estensione e profondità delle ustioni al capo ed al volto

x      Presenza di ustioni all’interno del cavo orale

x      Presenza di lesioni da inalazione

Le ustioni localizzate al volto e alla regione orale determinano un edema locale che

costituisce un grave rischio per la pervietà delle vie aeree nell’adulto ma ancora di più nel bambino in quanto in questa categoria di pazienti le vie aeree hanno dimensioni ridotte.

Nel bambino è indispensabile in maniera particolare assicurare una via aerea definitiva al minimo sospetto di rischio di ostruzione perché l’anatomia rende impossibile l’esecuzione di un accesso chirurgico in urgenza (cricotiroidotomia).

Oltre al danno diretto operato dal calore sulle vie aeree è necessario individuare precocemente quelle che sono le lesioni da inalazione. La loro identificazione è prevalentemente dettata dalla presenza di uno o più dei seguenti reperti clinici:

x Ustioni al volto e/o al collo, in particolare se a sviluppo circonferenziale al collo

x Bruciature delle sopracciglia e delle vibrisse nasali

x Depositi carbonacei orali e nasali e sputo carbonaceo

x Alterazioni infiammatorie acute dell’orofaringe, incluso l’eritema

x Raucedine

x Anamnesi di alterazione dello stato di coscienza e/o confinamento in un ambiente chiuso, sede dell’incendio

x Esplosione con ustioni al capo ed al tronco

Il riscontro anche di uno solo di questi reperti impone il trasferimento verso un centro specializzato per ustionati.

L’intubazione tracheale tardiva, in presenza di edema delle vie aeree, può risultare di estrema difficoltà se non impossibile.

La protezione della colonna vertebrale riveste importanza fondamentale al pari di ogni soggetto traumatizzato.

STEP B – VENTILATION (Ossigenazione e ventilazione)

Tutti i pazienti si giovano della somministrazione di ossigeno. Il trattamento del grave ustionato prevede la somministrazione di ossigeno supplementare a concentra- zione massimale di O2 (FiO2=1) con maschera reservoir e flussi fino a 15 l/min fino ad una SPO2>95%.

In caso di stridore o segni di inalazione può essere indicata una terapia broncodilatatoria. In caso di esplosione o dinamica maggiore è importate rilevare altre eventuali lesioni al torace che potrebbero compromettere la ventilazione.

Le lesioni termiche dirette che coinvolgono le basse vie aeree sono molto rare e solitamente si verificano in seguito ad esposizione a vapori ad altissime temperature  o per combustione di gas infiammabili.

Una ustione da inalazione provoca tracheobronchite chimica/polmonite acuta, causate dall’inalazione di fumo e altri prodotti irritanti di combustione incompleta. Le lesioni da inalazione dovrebbero essere sospettate in qualsiasi paziente ustionato e/o intrappolato in uno spazio chiuso pieno di fumo. Le caratteristiche suggestive

includono bruciature della testa, del collo e delle vibrisse nasali, stato di agitazione/ ansia, raucedine, stridore/respiro sibilante, dispnea, espettorato carbonaceo, compromissione del visus, cefalea, nausea, vomito, vertigini, tachipnea e tachicardia.

I tre aspetti principali delle lesioni da inalazione sono il danno termico diretto alle vie respiratorie, l’avvelenamento da fumo e l’avvelenamento da monossido di carbonio (CO).

x Il danno termico diretto delle vie aeree va sospettato in presenza di lesioni da ustione all’orofaringe ed all’aditus laringeo.

x L’intossicazione da fumo deriva dall’inalazione dei sottoprodotti della combustione come sostanze chimiche tossiche, particelle di carbone e gas ed è causa di mortalità doppia rispetto a quella degli ustionati di pari età e superficie corporea interessata che non abbiano avuto lesioni. Il meccanismo di danno è correlato al deposito di particelle nei bronchioli distali con danno e morte delle cellule mucose stesse. In questo modo si instaura un aumento della risposta infiammatoria che, a sua volta, comporta un incremento della permeabilità capillare ed un peggioramento della diffusione dell’ossigeno. Da un punto di vista assistenziale, il trattamento delle lesioni da inalazione di fumi è esclusivamente di supporto. Il fumo riduce la capacità di fuga delle vittime limitando la visione e interferendo con la percezione corretta.

x La combustione incompleta delle sostanze organiche provoca la formazione di CO che è il tossico che riveste maggiore importanza nel percorso assistenziale del soggetto ustionato. Il CO provoca avvelenamento bloccando il trasporto di ossigeno nel sangue con ipossia tissutale. L’ipossia può anche essere legata a deficit della meccanica ventilatoria conseguente ad ustioni estese/circonferenziali interessanti il torace od a lesioni traumatiche toraciche non correlate alle ustioni (i.e. in caso di esplosione). L’intossicazione da monossido di carbonio (CO) deve essere sempre sospettata in tutti quei pazienti che abbiano subito ustioni in ambienti confinati. I pazienti con livelli inferiori al 20% generalmente non presentano sintomi obbiettivabili, mentre livelli superiori di CO possono determinare:

  • cefalea e nausea (HbCO 20-30%)
  • stato confusionale (HbCO 30-40%)
  • coma (HbCO 40-60%)
  • morte (HbCO > 60%)

Il riscontro di cute rosso ciliegia, spesso descritto nei libri di testo come segno di intossicazione, è molto raro e si osserva quasi esclusivamente nei pazienti preagonici. Nel sospetto di esposizione a CO è fondamentale l’erogazione supplementare di O2 ad alti flussi per “spostare” e sostituire la CO nel legame con l’emoglobina.

La valutazione della respirazione ed il relativo trattamento seguono l’approccio classico descritto nel capitolo “Approccio al soggetto traumatizzato – Valutazione primaria” e prevede la ventilazione assistita con sistema pallone rianimatore-valvo- la-maschera-reservoir a concentrazione massimale di O2 (FiO2=1) in caso di mancato raggiungimento di una SPO2>95%.

In caso di intubazione, laddove possibile, raccogliere prima l’anamnesi AMPLE (Al- lergie, Medicine, Patologie rilevanti, Ultimo pasto, Evento) più lo stato vaccinale per il tetano.

STEP C – CIRCULATION (Emorragia e Perfusione)

Raramente l’ipovolemia e l’ipotensione si presentano immediatamente dopo l’ustione. Una loro presentazione precoce impone la ricerca di altre cause della stessa in quanto non direttamente correlabile all’ustione. Ad esempio se avvenuta in modo traumatico (esplosione, caduta, ecc.), vanno escluse tutte le possibili cause di emorragia.

Le ustioni di norma non sanguinano.

La volemia è uno dei parametri più difficili da valutare nei pazienti ustionati gravi in quanto essi possono presentare altre lesioni associate causa di ipovolemia e non è sempre agevole per difficoltà oggettive (ustioni alle radici degli arti) il rilevamento di valori attendibili di pressione arteriosa non invasiva. Il monitoraggio della diuresi oraria è un metodo di valutazione attendibile della volemia; è pertanto opportuno procedere precocemente al posizionamento di un catetere vescicale.

Il soggetto ustionato va incontro precocemente ad un’importante dispersione di calore e di liquidi attraverso le parti non più protette dalla cute. In presenza di ustioni estese a più del 20% della superficie corporea è necessario procedere precocemente al posizionamento di due accessi venosi di grosso calibro (almeno 16 G) preferibilmente in regioni non ustionate. Se l’estensione delle ustioni preclude l’utilizzo di un’area cutanea indenne, la cannula può essere introdotta attraverso la cute ustionata in una vena accessibile o ricorrendo in alternativa all’accesso vascolare intraosseo.

I liquidi da infondere sono esclusivamente cristalloidi, la quantità può essere calcolata mediante varie formule di cui la più diffusa è quella di Parkland, la quale prevede che, al fine di garantire un adeguato volume circolante ed una sufficiente perfusione renale, occorre infondere nelle prime 24 ore 2-4 ml di Ringer lattato per chilogrammo di peso corporeo per percentuale di superficie corporea interessata da ustioni di secondo e terzo grado.

Il volume di liquidi così calcolato deve essere infuso per la sua metà nelle prime 8 ore dopo l’evento lesivo e il rimanente nelle successive 16 ore. La formula fornisce unicamente una stima del quantitativo di liquidi con cui iniziare l’infusione. Il quantitativo di liquidi dovrà successivamente essere regolato in base ad un target di diuresi oraria di 0,5 ml/kg/h per gli adulti e di 1 ml/kg/h per i bambini con peso inferiore

ai 30 kg. La velocità del carico deve essere il più costante possibile; importanti riduzioni della velocità del flusso possono indurre collasso e, paradossalmente, aumento dell’edema da ustione.

La correzione dell’ipovolemia è solamente una delle procedure da mettere in atto in quanto possono verificarsi altre problematiche, quali ipossia e alterazioni elettrolitiche e dell’equilibrio acido-base, che possono comportare aritmie molto gravi, che andranno individuate e monitorizzate mediante monitoraggio elettrocardiografico continuo.

STEP D – DISABILITY (Livello neurologico)

La valutazione della funzione neurologica segue quanto descritto nell’Approccio al Paziente traumatizzato utilizzando la scala di Glasgow. Particolare attenzione va posta nell’escludere la presenza di un trauma cranico. Poiché le ustioni provocano dolore importante è necessario procedere ad un adeguato trattamento del dolore dopo averlo rilevato con le opportune scale di valutazione (vedi sezione apposita)

STEP E – Expose Environment (Esposizione, protezione dall’ambiente) L’esposizione del paziente deve essere sempre effettuata per poter avere una prima valutazione dell’estensione delle lesioni. Vanno rimossi tutti gli indumenti del paziente facilmente rimovibili così come qualsiasi accessorio tipo collane, bracciali, gioielli che possano provocare costrizioni sui tessuti edematosi.

Dopo aver accuratamente esposto il paziente è fondamentale ricoprirlo ed evitare ulteriori perdite di temperatura. Il riscaldamento può essere effettuato mediante telini dedicati o tramite l’utilizzo della metallina

Neutralizzazione dell’agente ustionante

Una volta rimosso l’effetto diretto dell’agente ustionante, allontanando il paziente dalla fonte di calore, è necessario procedere al raffreddamento dei tessuti cutanei lesi dal momento che l’alta temperatura presente nei tessuti continua nel suo effetto lesivo. Questa fase deve essere iniziata il più precocemente possibile fatto salvo la priorità delle manovre salvavita dell’ABDCE. Il provvedimento principale di solito è quello di irrigare la superficie corporea coinvolta con acqua abbondante. L’obiettivo finale di queste manovre deve essere quello di “raffreddare l’ustione ma riscaldare il paziente”

Le sostanze chimiche, eccetto le polveri, sono lavate via con l’acqua; le polveri devono essere spazzolate prima di bagnare la zona. Le ustioni causate da acidi, alcali  o composti organici (es. fenoli, cresoli, petrolchimici) sono irrigate, se possibile, con abbondanti quantità di acqua continua per almeno 20 minuti, fino a che la sostanza ustionante non sia eliminata completamente.

La superficie ustionata può essere raffreddata con acqua corrente con una irrigazione continua della durata di ca. 10 minuti. Non è raccomandato usare ghiaccio per raffreddare o per evocare l’analgesia. Se la superficie interessata è piccola (5%), un asciugamano bagnato e fresco può essere posizionato nell’area interessata. È importante coprire il paziente il prima possibile per evitare il rischio dell’ipotermia, in particolare negli anziani e nei bambini. Un utile promemoria al riguardo è: raffredda la ferita, ma riscalda il paziente.

È proscritto l’utilizzo di creme, pomate o telini strettamente aderenti alla cute.

Circostanze speciali

Lesioni da ustioni chimiche sono causate da agenti di contatto, ingestione o inala- zione di fumi nocivi di acidi, alcali o materiali organici. Tutte le ustioni chimiche sono classificate come ustioni gravi e preferibilmente devono essere trasferite in un centro ustioni. Il soccorritore deve indossare guanti protettivi, maschera, protezioni per gli occhi, ecc., per evitare di entrare in contatto con la sostanza chimica. Non deve diventare vittima esso stesso per contaminazione.

Quasi 25.000 sostanze chimiche sono state identificate come in grado di provocare ustioni chimiche. Le più comuni sono alcali e acidi inorganici. Se la soluzione in cui è contenuta la sostanza chimica è calda, la lesione risultante è una miscela di ustioni termiche e chimiche. Il processo di danno tissutale nelle ustioni chimiche si arresta solo quando la sostanza chimica viene sufficientemente lavata via dall’irrigazione con acqua. La lesione da ustione da alcali è spesso più profonda di quanto inizialmente appare.

L’acqua  è  controindicata  come  misura  di  primo  soccorso  nelle  ustioni  chimiche causate da metalli pesanti. Reagiscono violentemente ed esplosivamente con l’acqua per produrre idrossido caustico liberando molto calore nella sua produzione e quindi risultano in una combinazione di ustioni termiche e chimiche. Il trattamento immediato in questi casi è quello di spazzolare via dalla pelle quante più particelle possibile e quindi dirigere un getto d’acqua ad alta pressione sul resto. Non bisogna sprecare tempo nel cercare antidoti specifici.

Le ustioni chimiche dell’occhio sono potenzialmente gravi (in particolare le ustioni alcaline) poiché possono causare ulcerazioni della cornea e persino perdita della vista. Le sostanze chimiche si depositano nei fornici congiuntivali superiori e inferiori e non sono facilmente lavabili. Un’irrigazione copiosa immediata dell’occhio coinvolto con normale soluzione salina o acqua deve essere iniziata senza bisogno di antidoti specifici. Le palpebre devono essere ampiamente separate manualmente per consentire il lavaggio della sostanza chimica dai fornici. A causa del dolore e del blefarospasmo, potrebbe essere necessario tenere aperte le palpebre con l’aiuto di una seconda persona. L’irrigazione dell’occhio interessato deve essere proseguita durante il trasporto. Se una vittima ha combinato ustioni facciali e oculari, l’occhio ha la precedenza. Le particelle solide di calce devono essere prontamente rimosse con una pinza.

Catrame e bitume allo stato fuso, a contatto con la pelle, provocano ustioni termiche da contatto. Non producono una lesione chimica. Il catrame fuso aderisce fortemente all’epidermide. È raccomandato il rapido raffreddamento del catrame/ bitume caldo aderente alla cute, mediante acqua corrente fredda (per almeno 10 minuti), come misura di primo soccorso, limitando così il danno. Il calore da contatto sprigionato dal catrame sterilizza la pelle e lo stesso catrame funge da medicazione della ferita da ustione, pertanto non è necessario rimuovere il catrame aderito (a meno che non siano interessati gli occhi) poiché qualsiasi tentativo di questo tipo comporta ulteriori danni alla pelle.

Le ustioni elettriche si verificano a causa del contatto con cavi elettrici o con fulmini e sono classificate da subito come gravi. Le contrazioni tetaniche indotte nel muscolo impediscono alla vittima di liberarsi dalla fonte. Le forti contrazioni del gruppo muscolare flessionale dell’arto superiore tendono a mantenere il contatto e possono causare lesioni muscolari, dislocazioni articolari e fratture. Potrebbero essere presenti danni estesi ai tessuti più profondi (muscoli, vasi sanguigni, nervi, ecc.) posti al di sotto della cute intatta e incombusta. La cute secca offre maggiore resistenza, quindi il flusso di corrente ai tessuti più profondi viene ritardato, ma l’estensione dell’ustione cutanea è maggiore. Viceversa, poiché la cute umida offre bassa resistenza, una lesione termica meno significativa si manifesta sulla pelle, ma la corrente scorre più liberamente attraverso i tessuti più profondi. Lesioni termiche possono anche essere presenti a causa dell’accensione degli indumenti dopo il contatto elettrico.

Asistolia si verifica con ustioni da contatto da alta tensione. Le aritmie cardiache e alterazioni elettrocardiografiche sono di solito osservate nelle prime ore dopo il trauma (presente in circa un terzo dei pazienti). Le estremità coinvolte devono es- sere monitorate per dolore, parestesie, paralisi e mancanza di polso, tutti segni che indicano lo sviluppo della sindrome compartimentale.

Di fronte a questo tipo di lesioni, la prima cosa da fare è spegnere la fonte di alimentazione elettrica. Anche dopo aver proceduto in tal senso, alcune “cariche elettriche residue” potrebbero rimanere se generate da condensatori di grandi dimensioni. Pertanto, la vittima deve essere mossa con un materiale non conduttore come un bastone di legno asciutto/palo/sedia di legno. Idealmente il primo soccorritore deve stare sulla superficie asciutta durante il salvataggio. Non è indicato tentare una simile manovra mentre la vittima è collegata a una sorgente ad alta tensione, poiché è probabile che la corrente “si pieghi” al soccorritore non appena questi si avvicina. Se il soggetto ustionato è privo di coscienza e non respira, la vittima molto probabilmente ha subito un arresto cardiaco e la CPR dovrebbe essere avviata immediatamente sulla scena una volta resa sicura.

Le ustioni da fulmini sono spesso superficiali e si presentano di forma arborescente e tendono a scomparire rapidamente. Possibili anche ustioni nelle regioni cutanee a contatto con gli oggetti metallici come collane, orologi, anelli. L’arresto cardiopolmonare è la causa più comune di morte nelle vittime colpite da un fulmine. Il primo soccorso comporta la valutazione del livello di coscienza e l’istituzione di RCP immediato sulla scena. Il coma e i deficit neurologici sono comuni, ma spesso si risolvono in poche ore o giorni. È raccomandata invece una rianimazione cardiopolmonare prolungata, perché questi pazienti possono resistere all’apnea per periodi di tempo molto lunghi; probabilmente perché la fulminazione ferma il metabolismo cellulare. Le pupille dilatate non dovrebbero essere considerate come il segno di morte.

VALUTAZIONE SECONDARIA

La valutazione secondaria, secondo quanto descritto nell’Approccio al Paziente traumatizzato, viene effettuata sulla scena al termine di quella primaria in caso di soggetto non critico e se non protrae inutilmente il tempo di trasporto alla sede di destinazione. Particolare attenzione va posta nell’escludere la presenza di altre lesioni traumatiche oltre l’ustione.

Prevede inizialmente una rapida anamnesi secondo quanto descritto nell’Approccio al Paziente traumatizzato, se non effettuata in precedenza, prima di procedere all’intubazione.

TRATTAMENTO DEFINITIVO SUL CAMPO

Il soggetto ustionato è, a tutti gli effetti, un traumatizzato. Assicurato il trattamento sulla scena delle lesioni che ne pongono a rischio la vita e stabilizzate le condizioni si completa il trattamento preospedaliero con l’immobilizzazione ed il trasporto.

L’immobilizzazione, nel caso di lesioni traumatiche concomitanti, segue quanto descritto nell’Approccio al Paziente traumatizzato. Qualora le condizioni emodinamiche lo consentano e sia stata esclusa una lesione del rachide è indicato il solleva- mento del capo e del torace di 30°. Questa postura agevola la riduzione dell’edema del collo e della parete toracica.

TRASPORTO E CENTRALIZZAZIONE SECONDARIA

L’Operatore di Centrale 118 e l’equipaggio intervenuto sulla scena, al termine dell’intervento di stabilizzazione del soggetto ustionato, sulla base dei dati clinici, delle fasce di età, di particolari condizioni (donna gravida ad es.) e dei tempi di trasporto stimati, individuano l’ospedale di destinazione ed il mezzo di soccorso più appropriato per il trasporto. La sede di destinazione è costituita, di norma, da un CTS/ CTZ, soltanto eccezionalmente da un PST secondo quanto descritto nell’Approccio

al Paziente traumatizzato anche in relazione ad eventuali lesioni traumatiche concomitanti. I criteri di centralizzazione sono formalizzati nei protocolli della Rete Regionale Trauma. Il vano di trasporto va portato alla temperatura di ca. 25 ° C per mantenere l’omeostasi termica dell’ustionato.

Il trattamento ospedaliero è fortemente raccomandato per:

x ustioni a tutto spessore (III°) che interessano > 1% della superficie corporea totale

x ustioni a spessore parziale (II°) che interessano > 5% della superficie corporea totale

x ustioni delle mani, piedi, viso o perineo (a spessore parziale o più profonde)

x pazienti di età< 2 anni o > 60 anni.

Di norma è da evitare il trasferimento diretto dell’ustionato ad un Centro ustioni e per motivi organizzativi legati al tempo necessario alla ricerca della disponibilità di posto e per la necessità di escludere altre lesioni traumatiche prima del trasporto. Una volta escluse altre lesioni, gli ustionati richiedono quasi costantemente un tra- sporto presso un Centro ustioni se non disponibile presso lo stesso nodo. Il traspor- to, per distanze medio-lunghe, predilige il mezzo aereo.

Le indicazioni dell’American Burn Association per il ricovero in un centro grandi ustionati sono:

x Ustioni di 2° grado con estensione >10%

x Ustioni di 3° grado

x Ustioni di 2°e 3° grado in aree critiche quali volto, mani, piedi, sedi articolari e pieghe genitali

x Ustioni chimiche

x Ustioni elettriche da alto voltaggio e fulmini

x Ustioni con associati danni da inalazione

x Ustioni associate a trauma in cui l’ustione rappresenta il rischio maggiore per il paziente

x Pazienti con problemi preesistenti che possano complicare o prolungare il ri- covero e aumentare la mortalità

x Bambini

x Ustioni a carico di bambini in cui si sospettino maltrattamenti o abusi e a carico di pazienti in cui siano necessari particolari sostegni psicologici, sociali o riabilitativi

RACCOMANDAZIONI – BEST PRACTICE

x In presenza di ustioni al volto, al capo ed all’orofaringe è necessario procedere con grande tempestività all’intubazione tracheale a protezione della pervietà delle vie aeree.

x La valutazione della terapia infusionale si basa sull’output urinario.

x L’entità della terapia infusionale va attentamente controllata in caso di traumi concomitanti, di lesioni da inalazione e nelle ustioni in età pediatrica.

x In tutti i casi di incendio ed ustioni in ambienti confinati va assunto un forte indice di sospetto per la presenza di intossicazione da CO.

x In presenza di lesioni circonferenziali degli arti va assunto un forte indice di sospetto per l’insorgenza di sindrome compartimentale.

x Il trattamento analgesico va praticato con immediatezza in caso di dolore.

x Secondo l’American Burn Association in collaborazione con la Sanità Militare Americana al momento si utilizzano tessuti colloidali, di diversa dimensione a seconda dell’estensione dell’ustione, per irrigare e nutrire il tessuto lesionato.