Crisi Suicidiaria: Autolesionismo, Minaccia e Tentativo di Suicidio

La crisi suicidaria si definisce come una crisi psichica il cui rischio principale è il suicidio. Essa può essere rappresentata come una traiettoria che va dal sentimento negativo di essere in situazioni di insuccesso, all’impossibilità di sfuggire a questo stallo, con l’elaborazione di idee suicide sempre più pregnanti e invadenti, fino all’eventuale passaggio all’azione.

L’autolesionismo od il tentativo di suicidio non sono le sole uscite possibili dalla crisi, ma le conferiscono tutta la sua gravità.

La gestione dei soggetti che minacciano o hanno compiuto un tentativo di suicidio, è una evenienza comune. A volte sono si verificano situazioni che non mettono a rischio la vita (per esempio flebotomie superficiali o intossicazioni farmacologiche volontarie benigne), in altri casi le lesioni sono più gravi, fino a causare la morte. Per questo è necessario attuare iniziative che portino ad individuare i soggetti esposti al rischio di suicidio per evitare, se possibile, gli eventi più infausti.

In circa il 60% dei casi, i soggetti che minacciano o hanno compiuto un tentativo di suicidio hanno consultato il proprio medico curante nel mese che precede il passaggio all’azione, senza che la dimensione depressiva sia stata realmente identificata. Analogamente, Gairin et al. hanno mostrato che il 69% delle persone morte per suicidio aveva consultato un servizio di Pronto Soccorso nelle settimane o nei mesi precedenti la loro morte e, il più delle volte, per ragioni non psichiatriche.

Cenni Clinici

L’individuazione della crisi suicidaria si basa su tre tipi di segni:

x l’espressione di idee e di intenzioni suicide: la persona in crisi esprime alcuni messaggi diretti o indiretti legati al suicidio, che devono essere presi in considerazione;

x delle manifestazioni di crisi psichica: si riscontrano dei sintomi diversi, quali

astenia, ansia, tristezza, irritabilità e aggressività, disturbi del sonno, perdita di interessi, sentimento di insuccesso e di inutilità, cattiva immagine di sé, sensazione di perdita di valore, ecc.;

x un contesto di vulnerabilità che può essere antico (precedenti psichiatrici, impulsività, fattori di personalità, alcolismo, ecc.) o essere legato a degli eventi di vita recenti che possono avere precipitato la crisi suicidaria.

In occasione del loro passaggio in Pronto Soccorso, i soggetti che esprimono di idee, intenzioni suicide o che hanno messo in atto gesti più o meno eclatanti volti al suicidio o hanno avuto comportamenti autolesionistici, devono essere valutati da uno psichiatra. Così, il primo contatto con la psichiatria si svolge, per la grande maggioranza dei pazienti, attraverso il Pronto Soccorso. Per tale motivo deve essere assicurato in ogni caso, da parte del sistema di emergenza preospedaliero il conferimento del paziente presso un Pronto Soccorso per effettuare una consulenza psichiatrica. Nei pazienti che si presentano al SET118 ed al Pronto Soccorso con l’ideazione suicidaria, i medici d’emergenza non dovrebbero utilizzare gli strumenti di valutazione del rischio attualmente disponibili per identificare i pazienti a basso rischio che potrebbero essere dimessi. L’approccio migliore per determinare il rischio è un’adeguata valutazione psichiatrica, tenendo conto dei fattori del paziente, della famiglia e della comunità.

Il trasferimento presso il Pronto Soccorso deve permettere di realizzare una valutazione multidisciplinare, multi-professionale e multi-specialistica, per valutare il rischio di recidiva di suicidio, finalizzato ad organizzare le cure immediate e successive, anche territoriali.

Elementi che devono far temere una recidiva di un gesto suicidario in un paziente che ha tentato il suicidio:

x La gravità dei mezzi utilizzati (impiccagione, defenestrazione, armi bianche o armi da fuoco, sostanze tossiche violente).

x La realizzazione del tentativo di suicidio in un luogo e in un momento che es- clude ogni possibilità di soccorso.

x Tentativi di suicidio ripetuti a breve termine.

x Un desiderio di morte sotteso da idee deliranti inaccessibili al ragionamento: è il caso delle tematiche melanconiche o delle idee suicidarie evocate in un contesto delirante (per esempio, ordine allucinatorio «Ucciditi»).

x     L’esistenza di un isolamento sociale o l’esistenza di relazioni interpersonali di scarsa qualità.

x Le caratteristiche della depressione: il rischio è maggiore nelle depressioni melanconiche, ma ogni depressione comporta un rischio di suicidio (il 15% dei depressi muore per suicidio).

COME SI INTERVIENE: MANOVRE E TERAPIA CONSIGLIATE

Sicurezza dei soccorritori e dello scenario.

  1. Quick look clinico con approccio ABCDE
  2. Valutazione primaria del paziente (e stabilizzazione)
  3. Valutazione secondaria con anamnesi ed esame obiettivo per valutare le possibili diagnosi differenziali

La valutazione clinica psichiatrica permette di proporre al paziente una gestione adeguata. I criteri di valutazione si basano, tra l’altro, sull’esistenza di una malattia mentale, sul livello di intenzionalità suicidaria, sui precedenti tentativi di suicidio, sulla qualità relazionale con le persone vicine e sul desiderio del paziente di curarsi. Al termine di questo periodo di ricovero per osservazione, è raccomandato un ricovero in psichiatria, se la pericolosità della situazione lo richiede. Il ricovero ha l’obiettivo di proteggere la persona, di stabilire una relazione di fiducia con essa e di esprimere verbalmente la sofferenza, con la preoccupazione costante di definire e di favorire le ulteriori cure. La questione si pone soprattutto quando il paziente depresso rifiuta l’idea di un ricovero e, a volte, anche di una visita in ambiente specialistico, e può, allora, rivelarsi necessario il ricovero obbligatorio.

Quando un paziente depresso non ha necessità di un ricovero, il passaggio in Pronto Soccorso deve comunque garantire l’opportunità di pianificare il seguito della gestione. L’intero processo nei servizi di Pronto Soccorso richiede una stretta collaborazione tra i vari professionisti: emergentisti, psichiatri, infermieri e psicologi; questa interazione deve essere eseguita anche nelle cure successive.

Il primo medico ad accogliere il paziente è il Medico d’Emergenza del SET118 e successivamente del Pronto soccorso: gli interventi «specializzati» sono coinvolti solo in un secondo tempo. Anche la partecipazione di infermieri specificamente formati alla psichiatria (in ambito di SET 118, Pronto Soccorso, reparto psichiatrico) assicura un migliore outcome.

La prevenzione dei suicidi si basa da una parte su una gestione adeguata in Pronto Soccorso delle persone che hanno compiuto un tentativo di suicidio e, dall’altra, sullo screening dei pazienti potenzialmente suicidi, ma che si presentano a visita per un altro motivo. Nella misura in cui i pazienti che hanno tentato il suicidio sono a rischio elevato di recidiva, la loro gestione in Pronto Soccorso, al di là della gestione terapeutica somatica, deve concepirsi in una prospettiva di prevenzione.

Il paziente che ha praticato atti di autolesionismo, che esprime idee di suicidio o che ha tentato il suicidio con esiti più o meno gravi deve essere pertanto conferito in Pronto Soccorso dal SET118.

Terapia farmacologica con Ketamina: In alcuni studi è stato rilevato che la ketamina, in infusione endovenosa prolungata a basso dosaggio, non anestetico (0,5 mg/ kg), ha ridotto rapidamente i pensieri suicidi, in pazienti depressi con ideazione

suicidaria. Sono tuttavia necessari ulteriori studi per confermare che la ketamina esercita un effetto specifico sull’ideazione suicidaria. È comunque ipotizzabile che in emergenza, per la gestione di pazienti con comportamento violento che manifestano propositi suicidari e che rifiutano il conferimento in Pronto Soccorso o il con- tatto con il personale del SET118 la terapia con ketamina per via intramuscolare (5 mg/kg) possa risultare efficace.

ATTENZIONE!

Ricordandosi del consenso del paziente e delle necessità giuridiche non si deve:

x sottovalutare i segnali, anche meno manifesti, che possano far sospettare una crisi suicidaria, anche se non imminente;

x praticare terapie, tranne che si dichiari un evidente “stato di necessità” in presenza delle Forze dell’Ordine, in modo da conferire adeguatamente il paziente in ambiente specialistico dove sarà possibile un corretto inquadramento diagnostico ed iter terapeutico.

RACCOMANDAZIONI – “BEST PRACTICE”

x Individuare la crisi suicidaria basandosi su tre tipi di segni:

  • l’espressione di idee e di intenzioni suicide: la persona in crisi esprime alcuni messaggi diretti o indiretti legati al suicidio;
  • le manifestazioni di crisi psichica: si riscontrano dei sintomi diversi, quali astenia, ansia, tristezza, irritabilità e aggressività, disturbi del sonno, perdita di interessi, sentimento di insuccesso e di inutilità, cattiva immagine di sé, sensazione di perdita di valore;
  • il riconoscimento di un contesto di vulnerabilità che può essere antico (precedenti psichiatrici, impulsività, fattori di personalità, alcolismo, ecc.) o essere legato a degli eventi di vita recenti che possono avere precipitato la crisi suicidaria.

x Trasferire il paziente in crisi suicidaria ad un P.S. provvisto di servizio di psichiatria (ove non ci siano accordi regionali/aziendali differenti), anche nel caso il paziente non sia collaborante.

x Il paziente che ha praticato atti di autolesionismo, che esprime idee di suicidio o che ha tentato il suicidio con esiti più o meno gravi con esiti più o meno gravi ed in circostanze tali da far considerare molto probabile la recidiva, deve essere conferito in pronto soccorso con servizio di psichiatria dal SET 118.

x Avviare il paziente in ambiente specialistico, con operatori esperti che provvedano alle terapie del caso: psicoterapia, farmacoterapia, supporto ambientale